L’Altipiano dei Sette Comuni (o, come spesso
è chiamato, di Asiago) è una sorta di
quadrato di oltre 600 kmq posto tra la
pianura veneta e le Dolomiti, al centro
delle Prealpi venete. Dal punto di vista
geologico l’Altipiano si può dire formato da
successivi impilamenti di strati carbonatici
che, a partire da 225 milioni di anni fa, si
depositarono in ambiente marino. Sulle rocce
che derivarono da tali strati fu ed è
soprattutto l’acqua a determinare le forme
del paesaggio. La dissoluzione delle rocce
calcaree ad opera dell’acqua, il cosiddetto
carsismo, conferisce infatti all’Altipiano
un aspetto del tutto particolare. A fenomeni
di piccole dimensioni, a volte però
spettacolari, quali i campi solcati a
crepacci, si affiancano forme carsiche assai
più evidenti, quali le doline, alcune di
enormi dimensioni e dalla caratteristica
forma ad imbuto, fino ad arrivare alle
valli carsiche.
Tutto l’Altipiano di Asiago e le sue
montagne possono essere paragonate ad un
enorme museo storico all’aria aperta della
Prima Guerra Mondiale. L'inizio delle
ostilità avvenne il 24 maggio del 1915 con
il primo colpo di cannone sparato dal Forte
Verena. Per i primi mesi andò avanti,
sostanzialmente, una “guerra dei forti” ma,
ben presto, iniziò la guerra dei soldati,
fatta di lunghe e mortali attese nelle
trincee e di attacchi inutili e suicidi.
All’inizio del 1916 il comando
austroungarico decise di passare all’attacco
dando il via all’”offensiva di primavera”,
ricordata con il nome di “Strafexpedition”,
la “missione punitiva” contro il traditore
italiano. L’esercito austroungarico sfondò
le linee italiane in Val d’Assa raggiungendo
la conca centrale dell’Altipiano e dando il
via all’esodo delle popolazioni locali. La
linea difensiva italiana arretrò molto,
attestandosi in alcune zone, come al Monte
Cengio e a Cima Pau, proprio sull’orlo
dell’Altipiano. Ma il vero dramma si consumò
l’anno successivo, il 1917, quando i comandi
italiani decisero di recuperare posizioni
lanciando una controffensiva in grande
stile. Si dava il via alla tristemente
famosa “Operazione K” che vide il suo punto
più drammatico nella battaglia dell’Ortigara
(vedere
itinerario proposto). In
questa persero la vita, inutilmente,
migliaia di soldati italiani, circa 28.000,
a fronte di conquiste territoriali
irrilevanti. In seguito allo sfondamento
austriaco a Caporetto, l’esercito italiano
si ritirò nuovamente dalle sue posizioni,
resistendo inizialmente lungo la linea Fior
– Castelgomberto (vedere
itinerario proposto) per poi
arretrare oltre la Val Franzela. Ma lo
sforzo bellico austriaco era stato eccessivo
e le risorse erano ormai allo stremo. Dopo
un’eroica resistenza all’ultimo grande
attacco austriaco del 15 giugno 1918,
l’esercito italiano dava il via ad un grande
contrattacco. La guerra era ormai alla fine
e di lì a pochi mesi, con la battaglia del
Piave, si giungeva all’armistizio del 4
novembre 1918 che poneva fine alle ostilità.
Di questo sconvolgente periodo l’Altipiano
porta ancora rilevanti tracce, soprattutto
nelle zone dove più aspri e prolungati
furono i combattimenti. Montagne sbriciolate
dalla potenza di cannoni e mortai, lunghe
trincee che percorrono crinali e vallate,
potenti ruderi di fortificazioni, centinaia
di chilometri di strade sterrate che
permettono di raggiungere anche i luoghi più
impervi. Ma i segni lasciati sul territorio
perdono di significato se non si pensa
sempre a chi, in quei luoghi, perse la vita.
La vera anima cruenta del conflitto la si
può quindi ritrovare nelle decine di piccoli
cimiteri disseminati su tutto l’Altipiano,
nelle molte lapidi innalzate per ricordare
gesti ed operazioni eroiche, nel piccolo ma
ricco Museo della Grande Guerra di Canove di
Roana, nell’imponente Ossario di Asiago,
innalzato sul Laiten, e che ospita i resti
di 19.990 soldati austro-ungarici e di ben
34.286 caduti italiani. |